Marzo mese della Rinascita e della Vita.

Nel calendario “more veneto”, quello in uso ai tempi della Serenissima, il “cao de l’ano”, il capodanno coincideva con l’inizio di marzo secondo il costume romano che faceva coincidere appunto con questo mese l’inizio dell’era cristiana.
Testimonianza persistente di questa usanza la ritroviamo nei nomi dei Settembre, Ottobre, Novembre, Dicembre, rispettivamente settimo, ottavo, nono e decimo mese dell’anno conteggiati appunto a partire da marzo.
Nel “more veneto” riecheggiano gli antichi riti primaverili e l’idea di rinascenza: la mitica fondazione di Venezia, 25 marzo 421, coincide con la festa dell’Annunciazione, unendo così non solo la nascita della città al primo mese dell’anno e al ciclo astrologico dell’equinozio primaverile, ma anche all’Incarnazione, stabilendo il legame profondo legame tra Venezia e Maria e l’inizio della storia della salvezza.
Il legame tra la Serenissima e il culto mariano segna l’intero Veneto: proprio all’inizio dell’anno “more veneto” si collocano apparizioni di Maria come quella del 7 marzo 1426, in piena pestilenza, in quel di Monte Berico alla beata Vincenza Pasini, per non parlare del il 9 marzo del 1508 quando ad augurare un buon anno a Giovanni Cigana, vecchio e pio contadino di Motta di Livenza, fu una ragazza apparsa dal nulla: “Dio vi dia il bon dì” disse il vecchio spaesato “Bon dì e bon anno” rispose la fanciulla “dove steo n’dando bon omo”? Il processo canonico che seguì questo incontro dimostrò come la giovane altri non era che la Madonna, una Madonna che augurava appunto buon anno in perfetta lingua veneta, idioma evidentemente compreso anche in Paradiso.
All’inizio del Canal grande provenendo dal bacino di San Marco s’eleva la mole della Basilica della Madonna della Salute, eretta per celebrare la liberazione della città da quella pestilenza di cui parlò il Manzoni in pagine memorabili oggi tornate di attualità nel loro narrare di untori e disorientamento, in un ideale legame tra ataviche e contemporanee paure. Oggi, a combattere l’epidemie c’è la scienza, la medicina e farmacopea, la profilassi oltre a comuni norme igieniche e di buon senso, ma ciò non toglie l’importanza della fede o la riflessione sulle nostre tradizioni e identità.
Maria simbolo della vita nascente, colei che libera dalla peste e Marzo mese della vita e della rinascita: l’esatto contrario dello spaesamento dei giorni scorsi, in cui, bisogna dirlo, quali l’intera società veneta ha dato una dimostrazione di straordinaria compostezza e intelligenza. Oggi, se c’è un posto sicuro, se c’è una Regione in cui la sanità tutela i cittadini, questo è il Veneto grazie soprattutto ai suoi angeli custodi, che hanno il nome di centinaia e centinaia di medici, centinaia e centinaia di infermieri e personale paramedico scesi in campo a difendere la nostra salute, soprattutto la salute dei più deboli e dei più anziani, in uno sforzo collettivo che onora la nostra realtà. Altri, e non parlo dell’Italia, hanno fatto altre scelte forse, che probabilmente tutelano l’economia ma non la dignità e il diritto alla vita. Il mio invito, il mio augurio, per questo cao de l’ano è quello di riconquistare la speranza, ritornare alla normalità per poi riprendere la nostra strada di sempre, o come direbbe Mr. Trump “keep Veneto great” , manteniamo grande il nostro Veneto.
Ma la grandezza, nel nostro caso, è quella di una realtà che ha scelto di stare dalla parte dei più deboli, degli anziani, dei più esposti e di chi aveva gravi patologie: bon ano a tuti.

Roberto Ciambetti