Le tecnologie furono determinanti nella Battaglia di Lepanto. I veneziani avevano sviluppato delle artiglierie capaci di sparar dalla lunga distanza e fu per questo che le sei galeazze di Francesco Duodo, in testa allo schieramento cristiano, iniziarono a far fuoco con le artiglierie prodiere appena giunte a circa mezzo miglio dalla flotta ottomana, la quale avanzava a voga arrancata. Esaurite le batterie di prua, i veneziani virarono “scaricando le artiglierie laterali: proseguendo la rotazione su se stesse spararono in progressione con i pezzi di poppa e con quelli della fiancata successiva (…) le galee ottomane nel giro di pochi minuti, divennero il bersaglio di almeno un centinaio di pezzi di medio e grosso calibro e di altrettante artiglierie minori. L’impeto dell’Islam era stato arrestato e la vittoria finale assicurata” come spiegò Marco Morin, nel suo saggio “La Battaglia di Lepanto, alcuni aspetti della tecnologia navale veneziana” da cui traggo buona parte delle citazioni di questo mio intervento. Come ebbe a notare Geoffrey Parker nel suo “The Military revolution” (Cambridge 1998) “si dice che non meno che settanta galee vennero affondate da queste nuove navi da guerra” e che fu “una cosa incredibile che solo sei galeazze potessero aver causato una tale enorme distruzione”. Manovrabilità delle navi e tecnologia avanzata nelle armi, ma non solo: a bordo delle galeazze marciane Duodo aveva voluto Antonio Surian detto Armeno, formidabile inventore, e Zaccaria Schiavina, celebre Capo dei Bombardieri di Venezia. Sia Zaccaria Schiavina sia Antonio Armeno nel corso della battaglia apportarono delle migliorie alle artiglierie ottimizzandone la resa aumentando la velocità di carico e sparo. Nella seconda parte della battaglia poi, a navi ravvicinate, gli archibugi cristiani, in gran parte prodotti a Gardone Val Trompia, fecero la differenza sugli arcieri turchi. Ovunque in Europa si gridò al miracolo, ma oltre al Cielo molto, moltissimo, fu frutto dell’ingegno veneziano: fu la vittoria della cultura, anche della Fede, della scienza e tecnica veneziana ed europea e non a caso in tutta Europa ci si sentì fieri di essere europei.
Ma come spiegò in una relazione ancora del 1645 Fabrizio Giustiniani facendo riferimento alla battaglia di Lepanto“…la Galeazza, legno veramente miracoloso, quando viene governato da persone perite”. Le tecnologie se guidate da “persone perite”, cioè esperte, diventano miracolose. L’uomo deve servirsi della tecnica, deve guidarla e metterla al servizio del bene comune. A Lepanto si vinse grazie alle tecnologie, ma non vinsero le tecnologie.
Oggi invece, per dirla con Umberto Garimberti, la tecnica ci mangia l’anima, gli algoritmi sanno tutto di noi e noi nei fatti siamo asserviti a loro e siamo schiavi della supremazia dell’economia: tecnici ed economisti scambiano progresso per benessere, anche quando il “progresso” distrugge l’ambiente, avvelena i nostri corpi, ci riempie la testa di bisogni inutili e il corpo di cibi spazzatura costringendoci in una fretta continua a consumare sempre più ogni bene, relazioni ed affetti. Oggi spread, Pil, patto di stabilità sono gli unici valori di riferimento e il vero collante dell’Unione Europea.
Davanti a noi abbiamo sfide impressionanti e come nel 1571 si respiravano sensazioni millenariste e si aveva paura di soccombere definitivamente agli Ottomani, oggi noi abbiamo giusta apprensione per il domani dell’Europa: se vogliamo vincere la nostra battaglia guardiamo a Lepanto perché, parafrasando Robert Kennedy, Pil, indice Down Jones, spread, patto di stabilità, fiscal compact, possono dirci tutto sull’Europa, ma non ci dicono di certo se possiamo essere orgogliosi di essere Europei.