Mentre stiamo fronteggiando l’emergenza criminalità con l’intero territorio veneto impegnato nella lotta alla delinquenza, ci saremmo attesi da Roma l’invio di uomini e mezzi delle Forze dell’Ordine: i rinforzi stanno per arrivare, ma  andranno a rimpinguare il numero dei clandestini che si danno alla macchia.

Parlo dell’ennesimo invio di 500 profughi in Veneto. Molti di questi, certo, cercheranno la fuga all’estero, verso mete dove è possibile trovare lavoro: l’Italia è terra di disoccupazione e crisi economica, altro che Job Acts. Altri invece si fermeranno da noi: il Bel Paese ha fama d’essere il luogo ideale per chi vive d’espedienti o s’arruola nella delinquenza.  Il rischio è basso, le opportunità per sopravvivere molte: il gioco vale la candela. Anni e anni di errori si pagano oggi con gli interessi e anche chi in passato ha vestito i panni del terzomondista caritatevole, pronto alla solidarietà e alla carità, come è accaduto per molti uomini politici locali, oggi si ricrede e cerca di darsi una nuova verginità contando nella memoria corta dell’elettorato e nell’ipocrisia di troppe forze politiche.  Anche per questo dico che il Prefetto Cuttaia a Venezia non ha colpe nello smistare i nuovi arrivi: esegue ordini ricevuti dall’alto anche se sa benissimo, come più volte gli hanno spiegato ii suoi colleghi operativi nella nostra Regione, che il Veneto non può accogliere più profughi. Le strutture sono sature ma ancor più è stanca l’opinione pubblica davanti a una gestione improvvisata e assurda di un fenomeno che bisognava affrontare in maniera ben diversa.
Il sindaco di Vicenza, che è uomo abile nel capire i tempi e gli umori dell’elettorato, con un gesto più che condivisibile sebbene tardivo s’è rifiutato di partecipare alla riunione promossa dal Prefetto veneziano per affrontare l’ennesimo invio di profughi in Veneto. Viene da chiedersi chissà perché queste riunioni non si fanno per affrontare l’emergenza criminalità o perché non viene convocato  il Comitato per l’Ordine Pubblico e la sicurezza davanti alla razzia sistematica del territorio. Ma tant’è: Roma ordina e il Prefetto Cuttaia esegue: altri 500 profughi.
Verrebbe da far notare a Roma che il Veneto è già una Regione satura per quanto concerne il numero di cittadini stranieri ufficialmente censiti (figuriamoci i dati con i clandestini): siamo ai primi posti della classifica nazionale assieme a Lombardia,  Lazio, Emilia. Circa il 10 per cento della popolazione, stando ai dati ufficiali. Per numero i marocchini sono secondi solo ai rumeni e vengono prima dei moldavi, ma ci sono province, come quelle di Vicenza e Treviso, che vedono rappresentate più  etnie di quelle presenti nell’Onu. Una miscellanea straordinaria. Una polveriera pronta ad esplodere in verità.
Fino ad oggi, e nonostante i tagli all’assistenza sociale voluta dai governi tecnici, da Monti a Renzi,  il sistema solidale veneto ha retto. Ma ora, tra delinquenti che praticano le loro razzie nel territorio e minacce dell’Isis, tra nomadi che vanno in  giro armati di kalashnikov e zingari che rifiutano di pagare le bollette, bande di immigrati che gestiscono lo spaccio di droghe, la prostituzione e arrivano a sfidarsi in pieno centro storico, la cittadinanza, davanti all’ennesimo invio di 500 disperati, ha tutte le ragioni di questo mondo per chiedersi da che parte stia lo stato, uno stato che è sempre durissimo e pronto  nel chiedere le tasse o nell’imporre l’ennesima gabella, ma tragicamente restìo nel dare e pressoché assente nel garantire la sicurezza dei cittadini e il rispetto della giustizia.

18 febbraio 2015