Il 22 marzo del 1926 nasceva a Roma Franca Falcucci, democristiana destinata ad essere la prima donna Ministro dell’Istruzione, carica che mantenne tra il 1982 e il 1987. Nel 1974 Franca Falcucci fu incaricata di presiedere la commissione chiamata a svolgere una indagine nazionale sui “Problemi degli alunni handicappati”.
Da quell’impegno scaturì il Documento Falcucci considerato all’epoca una delle analisi più avanzate in Europa sul problema dell’integrazione scolastica degli handicappati. In seguito al Documento Falcucci, l’Italia si dotò di una legislazione specifica all’avanguardia e grazie all’impegno di famiglie e associazioni di solidarietà si creò quel clima che portò alla sentenza 215/1987 della Corte Costituzionale che decretò il diritto pieno ed in condizionato degli alunni disabili a frequentare le classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado. Fu così che lo stato assegnò ai Comuni il compito di seguire i disabili nelle scuole dell’obbligo scolastico delegando alle Province l’affiancamento ad alunni e famiglie per le scuole Secondarie.
Ora, il percorso di revisione delle Provincie, le norme di spending review e la Legge di Stabilità azzerano questo, come altri, servizi. Entro il 31 marzo sapremo quale sarà la quota di spesa che le province venete dovranno abbattere in aggiunta ai 23.981.000 già tagliati nel 2014: in Veneto, una stima dell’Upi dice che si potrebbe arrivare a un tetto complessivo di 77.837.000 €.
Il caso dei disabili sensoriali è l’emblema di una ingiustizia, una ingiustizia che brucia se consideriamo che il Veneto vanta un residuo fiscale di una ventina di miliardi di € anno. Siamo la Regione dove il costo della Pubblica amministrazione è il più basso in assoluto, versiamo ben più di quanto riceviamo, ma non abbiamo più soldi per pagare servizi essenziali, per tutelare i più deboli.
Se il Governo Renzi vuol cancellare dei servizi lo dica chiaramente; non scarichi il problema a Regioni e Comuni.
C’è chi accusa le Regioni di non far nulla. Ma proprio le Regioni, tra gli enti decentrati, hanno sopportato in questi anni i tagli maggiori. In Veneto la spesa non vincolata a disposizione della Regione è passata da 575 milioni nel 2010 ai soli 70 milioni di oggi Per il 2015, la scure inciderà in maniera ancor più pesante, visto che i tagli colpiranno anche il settore sanitario. C’è chi accusa la Regione di ritardare il riordino delle deleghe provinciali, ma proprio giovedì scorso, in audizione alla Commissione parlamentare sull’attuazione della Legge Del Rio, quella di riforma delle Province, la Conferenza delle Regioni ha ribadito la complessità della situazione: nei fatto lo Stato non paga più i servizi per i quali aveva delegato direttamente le Province e le Regioni non hanno risorse, né le hanno mai avute, per coprire queste spese. L’assessore al Bilancio della Toscana, Vittorio Bugli ha spiegato in Parlamento che “avevano fatto al governo una proposta di estrema concretezza in base alla quale le Regioni avrebbero gestito l’intera fase di transizione, purché il Governo avesse garantito almeno l’integrale copertura dei costi del personale”.
Ciò non è avvenuto: il governo ha fatto orecchie da mercante. Sorge il sospetto che nei corridoi ministeriali i mandarini che hanno elaborato queste norme non si rendano conto dell’impatto sociale dei loro provvedimenti che servono solo al ministro Padoan a dimostrare che l’Italia sa come risanare i suoi conti. I conti, scusate il bisticcio di parole, contano più delle persone. Così ci si indigna sia nel capire che i primi a contare meno sono gli ultimi, i disabili. Dopo di loro toccherà agli anziani e poi? Per Franca Falcucci oggi sarebbe stato un compleanno amaro: è morta il 4 settembre scorso e per sua fortuna non ha visto la macelleria sociale a cui oggi, sgomenti, assistiamo.
22 marzo 2015
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