Discorso del Presidente Ciambetti tenuto durante la seduta del Consiglio Regionale del 1° agosto

Oggi dobbiamo decidere se svolgere una seduta del Consiglio regionale fuori sede, sulla Marmolada. Si tratta di cogliere l’occasione di una disputa confinaria, per discutere, dalla cima più alta delle Dolomiti del valore Montagna, della leale collaborazione tra le istituzioni, della necessità di una politica montana che non può prescindere, come è sempre stato nella storia, da un regime di forte autonomia locale per altro richiesta dai cittadini.

Voglio innanzitutto cogliere una singolare coincidenza: fra due giorni, il 3 agosto, saranno 240 anni dall’Atto di Confinazione tra la Repubblica di Venezia e il Principato Vescovile di Bressanone, il cosiddetto Trattato di Livinallongo, che segnò, tra l’altro, la linea di confine tra l’imperiale val di Fassa e il bacino veneto di Rocca Pietore. Questo comune, all’interno del Bellunese già di per sé autonomo, voglio ricordare, godeva di speciale autonomia sin dal 1417 con gli Statuti della Comunità della Rocca che prevedevano, tra l’altro, la possibilità di svolgere interscambi commerciali anche con la confinante Contea del Tirolo tanto che il sale veniva acquistato direttamente da Salisburgo.

E’ proprio nel 1778 che Venezia, Belluno, il Tirolo Imperiale e il trentino stabilirono il confine tra la podesteria di Belluno e il principato vescovile di Bressanone e, in un secondo tempo, anche a quello sul versante trentino. A dire il vero, tutto era iniziato nel 1761 con una banale vertenza per una monticazione estiva che divenne pretesto per tracciare un confine di Stato che resistette alla caduta della Repubblica, confine che secondo Rocca Pietore, e secondo il Veneto, rappresenta la logica divisione tra i due territorio. Nel 1806 tale confine fu confermato e quella linea di demarcazione fu alla base della divisione tra Veneto passato sotto l’Italia e il Tirolo Meridionale rimasto sotto l’Impero austriaco nel 1866. Una nuova definizione del confine nel 1911, il 4 ottobre, giunge tra il Regno d’Italia e l’Impero Austriaco.

La questione dei confini della Marmolada acquista nuovo interesse nel 1973, quando il comune di Canazei avvia un contenzioso giuridico con la Regione Veneto sui confini fra le due Regioni e quindi tra i comuni di Canazei e Rocca Pietore. Il contenzioso che ne esce è oltremodo lungo e non tiene conto dei Confini Veneziani del 1778.

Dietro alla querelle ci sono gli interessi dei trentini e degli altoatesini del circuito «Sellaronda» che attorno al gruppo del Sella tocca Canazei, Selva di Val Gardena, Corvara e Arabba. Dietro c’è un interesse economico ben preciso, legittimo ma che sconta un grave handicap come cercherò di spiegare: esso non tiene conto della necessità di una azione di rilancio della Marmolada, la valorizzazione sia nell’ambito Trentino come in quello Veneto, la difesa e valorizzazione del patrimonio ambientale, della sentieristica, della memoria storica.

La Repubblica di Venezia, che aveva garantito al Bellunese uno statuto particolare di autonomia, aveva capito l’importanza del mantenimento di attività economiche remunerative, in particolarmodo quelle legate al legno oltre che ai commerci: se togliamo le attività economiche, se al territorio togliamo le sue gemme, cosa accadrà al Bellunese? Dopo Sappada, passata al Friuli, ora il ghiacciaio della Marmolada, domani Cortina? Va da sé che sembra prospettarsi ancora una volta le contraddizioni che avevamo già visto con la richiesta di Lamon di passare sotto il Trentino: se c’è appetibilità economica, si fanno ponti d’oro, he cadono se la richiesta giunge da comunità non così ricche o fortunate. La logica stessa dei Fondi Odi, era quella di armonizzare e risolvere le problematiche di confine tanto che, cito testualmente la norma istitutiva dei fondi Odi “le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto del principio di leale collaborazione, concorrono al conseguimento di obiettivi di perequazione e di solidarietà attraverso il finanziamento di progetti, di durata anche pluriennale, per la valorizzazione, lo sviluppo economico e sociale, l’integrazione e la coesione dei territori dei comuni appartenenti alle province di regioni a statuto ordinario confinanti rispettivamente con la provincia autonoma di Trento e con la provincia autonoma di Bolzano”

Il nodo della Marmolada, dunque, diventa simbolico dell’impegno che dobbiamo tutti concentrare sulla difesa della qualità della vita nell’area montana: siamo convinti che il processo verso l’autonomia ma anche eventi come il Campionato del Mondo di Sci a Cortina possano rilanciare non solo il Bellunese ma l’intero bacino della montagna veneta e la mia speranza è che il veneto possa farsi capofila di una nuova politica montana in una nazione dove, paradossalmente, buona parte del territorio ricade nell’ambito alpino – appenninico, ma sconta un grave ritardo nelle politiche di tutela della qualità del vivere, del contrasto all’abbandono dei territori.

Sin dal 2012 dalla Conferenza Alpina di Bad Ragaz il Veneto è stato tra i motori di quella che sarebbe diventata poi la Quarta Macrostrategia territoriale comunitaria, Eusalp nata per promuovere una crescita “inclusiva, intelligente e sostenibile” in tutta Europa, così da far fronte efficacemente alle sfide sociali, economiche ed ambientali di questa Regione che è un punto di snodo cruciale tra l’Europa del Nord e quella del Sud.

Lo sviluppo della montagna veneta passa necessariamente per le opportunità date da Eusalp, ma se miniamo i principi della solidarietà, della leale collaborazione, con colpi di mano perché sul quadro generale prevale l’interesse particolare?