Lluís Companys i Jover fu presidente della Catalunya dal 1934 e durante la Guerra Civile. Avvocato e leader della Esquerra Republicana de Catalunya, ERC, partito della Sinistra indipendentista catalana, esiliato a Parigi fu arresato dalla Gestapo e consegnato ai miliziani di Franco. Dopo cinque settimane di isolamento, torture, pestaggi, umiliazioni anche da parte di figure di primo piano del regime franchista, un processo farsa durato un’ora lo condannò a morte. Companys fu fucilato nel Castello di Montjuïc a Barcellona alle 6.30 del 15 ottobre 1940: rifiutò la benda sugli occhi e sfidò il plotone di esecuzione della Guardia Civile al grido “Per Catalunya”. Furono le sue ultime parole.
Lluís Companys i Jover fu il primo, e ancor oggi unico, presidente di una istituzione democratica liberamente eletto dal popolo ad essere stato mandato a morte e fucilato: la sua vicenda unita a quella altrettanto dolorosa di Garcia Lorca, è emblematica della stupidità e della violenza che colpì ferocemente il non solo il popolo catalano, ma tutti gli spagnoli e i democratici europei. La banalità del male, come avrebbe detto Hannah Arendt, purtroppo sembra ancor oggi informare parte della classe dirigente chiaramente centralista e accentratrice di Madrid, che purtroppo ha numerosi estimatori ed epigoni italiani le cui mire caudillistiche non mancano di manifestarsi ad ogni pie’ sospinto.
Artur Mas ancora nel marzo del 2010 chiese che quella sentenza infame di condanna del tribunale farsa fosse annullata per riabilitare anche da un punto di vista formale la memoria del presidente catalano ingiustamente e barbaramente assassinato. Madrid non s’è mossa: la riabilitazione di Lluís Companys i Jover stabilirebbe la continuità dell’attuale Generalitad come massima istituzione democratica catalana. E’ un chiaro gesto di sfida e di irrisione la scelta del Tribunale spagnolo di chiamare in causa con l’udienza fissata proprio il 15 ottobre Artur Mas insieme alla ex vicepresidente Joana Ortega e l’assessore alla scuola Irene Rigau, con l’accusa di disobbedienza grave, malversazione di denaro pubblico, irregolarità amministrativa e abuso d’ufficio per aver organizzato il Referendum del novembre 2014, autofinanziato e gestito autonomamente senza gravami sullo stato spagnolo.
Da Madrid il Ministro della giustizia spagnolo Rafael Catalá ha detto che “L’atto non è stato presentato prima per non interferire con le elezioni. Passato il voto, è normale che la giustizia faccia il suo corso” e non si rende conto, forse per ignoranza, forse per tracotanza, che l’unica idea di Giustizia che richiama l’accusa a Mas e alla Ortega è proprio quella del processo farsa a Lluís Companys i Jover: l’arroganza dello stato centralista non s’arresta nemmeno davanti al voto popolare. Barcellona è ancora una volta la barricata della libertà e della democrazia: siamo tutti Artur Mas e Joanna Ortega.
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